Rete Dissenso 2021 - Lettere degli studenti Universitari di Bergamo, Torino, Roma... - Manifesti e firme in Difesa della Costituzione -









 

Si può firmare qui il Manifesto :

Le Lettere e le Iniziative si stano moltiplicando in tutta Italia. 
L'elenco è in aggiornamento. 

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Mail: universitariuniti@gmail.com Sito:

 Lettera Docenti  al CRUI   >> Università Libera dal Green Pass 

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Lettera degli Studenti dell'Università di Bergamo
1 Settembre 2021 
Alla cortese attenzione de 
I docenti tutti
I ricercatori e i dottorandi 
I componenti del Senato Accademico 
Il Magnifico Rettore Remo Morzenti Pellegrini 
Il personale tecnico e amministrativo 
I responsabili delle Biblioteche di Dipartimento 
Gli uscieri dell’Università degli Studi di Bergamo 

e p.c. a Tutti gli studenti dell’Università degli Studi di Bergamo e i loro rappresentanti 
L’Associazione Laureati Università di Bergamo, LUBERG 
I giornalisti e gli organi di stampa 

Gentili tutti, vorremmo iniziare col ricordarvi alcuni presupposti eletti a linee-guida della nostra Università, così ben esposti nel manifesto disponibile sul sito della stessa: La mission della nostra università è già tutta racchiusa nel suo nome: universĭtas. Apertura, pluralità, libertà, incontro, appunto: “universalità”. 
Sapere vuol dire sfidare i tempi, saperli scuotere. Un’interpretazione preconfezionata non è mai buona: ogni interpretazione pretende infatti una mente critica. 

Dunque: apertura, pluralità, libertà, incontro, universalità, capacità di porsi criticamente rispetto ai tempi e di sfidarli. Insieme a voi, crediamo e vorremmo continuare a credere in questi valori, che il biglietto da visita della nostra università – come di molte altre università d’Italia e del mondo – dichiara esplicitamente di tenere in alto grado. 

Ma oggi, alla luce del D.L. 111/2021 del 6 agosto
 (Misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti), si impone un principio di discriminazione, legittimato da motivazioni presentate come medico-scientifiche, che ci appare agli antipodi di quella stessa inclusività posta sin dall’etimo a fondamento dell’istituzione universitaria. 

Con questo provvedimento discriminante e divisivo vengono di fatto esclusi dal diritto allo studio e dai servizi erogati dall’Università – o ne viene gravemente limitata l’accessibilità ‒ tutti coloro che per legittima scelta personale non intendono prestarsi a trattamenti sanitari invasivi e a proprie spese, quali i tamponi PCR, 
né aderire alla campagna vaccinale sperimentale, consapevoli di come sulla reale attendibilità dei primi e, soprattutto, sulla validità e sulla sicurezza della seconda manchi ad oggi un accordo scientifico risolto e unanime. 

Com’è possibile accettare che strumenti sanitari di dubbia efficacia condizionino i principi di apertura, libertà e indipendenza dell’insegnamento universitario? 

Ancora in piena emergenza pandemica, il nostro stesso Rettore aveva avuto modo di ribadirci alcuni obiettivi essenziali dell’Istituzione che è chiamato a rappresentare, promettendo di mantenere l’Università saldamente imperniata sui principi di inclusione (garantire un sapere condiviso e relazionale, email del 31 marzo 2020; 
siamo una comunità dove studiano e lavorano tante persone, dove ognuno deve essere rispettato tanto nei propri doveri quanto nei propri diritti, email del 29 aprile 2020) e di coesione (l’obiettivo dell’UniBg di farvi provare sempre e comunque la forza coesiva che deve caratterizzare un Ateneo 

[…] crediamo fortemente nel nostro procedere uniti, nonostante le difficoltà che possono presentarsi, email del 14 ottobre 2020). 
Non ha dimenticato nemmeno di sottolineare l’impegno dell’Università nel garantire un sostegno costante (senza mai permettere che il vostro e, anzi, il nostro percorso verso le conoscenze possa essere interrotto, email del 4 novembre 2020). 
Questa promessa, però, sembra ora venir meno, con la comunicazione del 10 agosto 2021 agli studenti: tutti coloro che accederanno, per motivi di studio o lavoro, alle sedi universitarie dovranno essere infatti in possesso del cosiddetto green pass. 

Non un cenno a chi non si adegua a questo aut-aut, scegliendo di non sottoporsi ai tamponi diagnostici, il cui alto tasso di inattendibilità è certificato dallo stesso Istituto Superiore di Sanità (cfr. rapporto ISS Covid-19 n. 46/2020), 
né all’inoculazione dei vaccini sperimentali a mRna o a Dna ricombinante, la cui efficacia nell’arginare i contagi è presentata come relativa, ad esempio, nello stesso foglietto illustrativo della Pfizer: potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono e la durata della protezione non è nota (dalla nota informativa 1 del modulo di consenso vaccinale Comirnaty). 

Considerato che lo stesso vaccinato può contagiare ed essere a sua volta contagiato, ci si chiede quale possa in effetti essere la funzione del Green Pass, e se essa sia realmente di natura sanitaria o eminentemente politica. 
Anche la garanzia di non nocività dei vaccini sperimentali è alquanto dubbia: come esplicitato dal punto 10 del consenso informato (non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza), non si escludono possibili effetti collaterali a lungo termine, anche gravi. 

Che ne sarà allora delle promesse di inclusione, di coesione e di sostegno per tutti gli studenti che sceglieranno di non aderire acriticamente e incondizionatamente alla sperimentazione vaccinale di massa o al tracciamento sanitario via Green Pass, dispositivo di controllo sociale e amministrativo in aperta violazione del diritto alla privacy dei propri dati?

 Proprio a Bergamo, come se i molti lutti non fossero bastati, osiamo mettere in discussione quella che viene attualmente presentata come l’unica soluzione in grado di contenere il contagio? 
Sì, proprio a Bergamo, la città più colpita dalla pandemia. 
Come in tutt’Italia, ci si prepara ora a perdere anche l’universale diritto all’istruzione e alla cultura (sancito dalla nostra Costituzione all’art. 34) o quantomeno a vederne compromessa la fruibilità. 

Proprio a Bergamo, la città in cui – com’è noto – il direttore del dipartimento di anatomia patologica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, mettendo in discussione le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Ministero della Salute 
che sconsigliavano di eseguire le autopsie sui corpi deceduti a causa del Covid, scoprì il ruolo decisivo della formazione dei trombi nell’aggravarsi della malattia, evidenziando la necessità dell’utilizzo dei farmaci anticoagulanti. 

Proprio a Bergamo, la città in cui il primo atto di disubbidienza in materia di pandemia si è dimostrato un primo passo verso la verità clinica. 
Con lo stesso spirito, siamo portati oggi a dubitare dell’utilità scientifica, della legittimità giuridica e della liceità etica di un lasciapassare sanitario formalmente preposto a contenere la diffusione del Covid-19. 

Questo strumento, infatti, oltre a non garantire la non-contagiosità dei suoi detentori, comporta la discriminazione nei diritti costituzionali in base allo stato di salute e all’assunzione di un prodotto sperimentale (non privo di possibili effetti collaterali gravi) 
per una malattia ritenuta curabile da sempre più medici con i protocolli farmacologici di terapia domiciliare (come testimoniato, ad esempio, dall’esperienza dei dottori di ippocrateorg.org e del Comitato Cure Domiciliari Covid-19, a smentire con oltre 60.000 guariti la diffusa vulgata secondo cui non esistono valide alternative mediche al vaccino). 

Proprio a Bergamo, dove a inizio pandemia l’abbandono dei pazienti fino all’aggravarsi della malattia e l’inopportuna pratica di ventilazione forzata precoce hanno contribuito a causare così tante morti, possiamo permetterci altri errori? 

Oggi chiunque critichi l’effettiva utilità sanitaria e la neutralità politica del Green Pass rischia di attirarsi quella stessa accusa di “irresponsabilità” che viene già disinvoltamente rivolta, con modi sempre più violenti e intimidatori, a chiunque decida di non farsi iniettare i vaccini genici a mRna e a Dna ricombinante (la cui fase di sperimentazione terminerà, per i diversi brevetti, tra il 2022 e il 2023). 

Ci si chiede quale considerazione del concetto di responsabilità abbia realmente oggi chi ci governa, laddove Stato, istituzioni e multinazionali farmaceutiche – ben lungi dall’assumersi la responsabilità delle proprie decisioni politiche e tantomeno i rischi degli effetti avversi da vaccini – li scaricano sul senso civico e sulla “libera scelta” dei cittadini stessi.

 La manleva di responsabilità avviene tramite consenso informato, accompagnata da forme di pressione psicologica, sociale e mediatica che giungono ora a compimento con l’imposizione del Green Pass, una sorta di obbligo indiretto che preclude – in assenza di tamponi diagnostici o certificati d’avvenuta vaccinazione – l’accesso a servizi essenziali. 

Queste misure, come l’obbligo vaccinale ventilato in queste settimane, sarebbero forse più comprensibili e accettabili se il rapporto benefici/rischi della vaccinazione anti-Covid 19 fosse nettamente a vantaggio dei primi, ma anche su questo vi sono ragionevoli dubbi all’interno della stessa comunità scientifica. 

Al netto di una controversa ma in genere assai bassa letalità del virus (attestata secondo l’OMS allo 0,6%, senza considerare le differenze per fasce d’età e i casi di comorbilità e patologie pregresse), si ricorda che tra gli effetti avversi a breve termine dei vaccini genici possono presentarsi gravi trombosi, danni neurologici, miocarditi e pericarditi; nel lungo termine, sono svariati gli scienziati che prospettano il serio rischio di effetti mutageni, infertilità, malattie autoimmuni e tumori.

Perfino i dati ufficiali iniziano a parlare chiaro: l’Eudravigilance, la banca dati europea di farmacovigilanza dell’EMA, registrava al 31 luglio 2021 e per i soli paesi dell’Unione Europea un totale di 20.594 morti associate ai vaccini anti-Covid e un totale di 1.960.607 effetti avversi provocati dagli stessi (dei quali 968.870 gravi). 

In fatto di responsabilità, com’è possibile sorvolare sulle gravi reazioni che possono conseguire dalla vaccinazione anti-Covid 19, specie per una fascia d’età, quella degli studenti universitari, in cui la relativa pericolosità del virus è ulteriormente ridotta? 

Tornando a noi, e sempre a questo proposito, è utile a questo punto richiamare le parole del nostro Rettore, dalla citata email del 10 agosto 2021 sull’introduzione del Green Pass: 
Contiamo sul vostro senso di responsabilità, come abbiamo sempre fatto, convinti che provvederete quanto prima (e possibile) a farvi vaccinare: solo in questo modo avremo la speranza di “tenere a bada” il contagio e, di conseguenza, di proseguire le nostre attività in presenza tutti insieme, senza paura di danneggiarci l’un l’altro. 

Caro Rettore, con la presente ci sentiamo di rassicurarLa: Lei può senz’altro contare sul nostro senso di responsabilità morale, non certo nel farci “quanto prima (possibile)” vaccinare (visto che il vaccino, come sopra ricordato, non assicura affatto di poter “tenere a bada” il contagio), bensì nel non assecondare, per il bene nostro e altrui, un nuovo ordine culturale, legislativo e sociale nutrito d’irresponsabilità politica e di coartazione tecnologico-sanitaria. 

Da parte nostra sarebbe relativamente comodo, facile e indolore accettare il requisito del Green Pass per meglio concentrarci egoisticamente sulla nostra singola carriera universitaria, apprestandoci a vivere il mondo di domani come se non fosse un prodotto delle nostre scelte (o delle nostre reticenze) di oggi.

Disgraziatamente, però, il nostro senso di responsabilità ci trattiene dal farlo. 
A Lei che ce ne ha ricordato l’importanza, ci permettiamo così – a nostra volta – di ringraziarLa richiamandoLa a questo stesso principio, non solo nei riguardi dell’Università di Bergamo ma di tutti gli atenei lombardi di cui è coordinatore. 
A porsi idealmente di fronte a tutti gli studenti, indistintamente. 
E a ribadire, se vorrà, queste sue stesse parole suasive e perentorie. 

È sicuro di volersene prendere la responsabilità?
 Insieme a tutti i destinatari della presente, ci chiediamo in particolare se anche i professori della nostra Università vorranno accondiscendere, foss’anche solo nel silenzio/assenso, a questa stessa sovrana attitudine alla deresponsabilizzazione, al pensiero unilaterale e semplificatorio, al silenziamento d’ogni dissenso critico, quando non già criminalizzato o patologizzato. 

Esattamente novant’anni fa, nel 1931, venne imposto a tutti i professori universitari l’obbligo di giurare fedeltà al regime fascista, pena la destituzione dalla cattedra di cui erano titolari. Come ben sappiamo, solo 12 professori su 1.225 rifiutarono. 
Oggi il personale docente e non docente presente negli istituti universitari italiani ammonta a circa 125.600 persone: quanti di questi si rassegneranno ad accettare l’inaccettabile? 

Giova ricordare a tutti noi – che conosciamo così male la Storia – quanto ancora rischiamo di ripeterne gli orrori? Cari professori: anche noi, come il Rettore nei nostri confronti, sappiamo di poter contare sul suo e sul vostro senso di responsabilità, certi “che provvederete quanto prima (e possibile)” a levare finalmente una voce contraria e non sottomessa dinanzi a questo provvedimento incostituzionale e inqualificabile, come alcuni vostri colleghi stanno già coraggiosamente iniziando a fare, da Andrea-Sigfrido Camperio Ciani (ordinario di Etologia, Psicobiologia e Psicologia evoluzionistica all’Università di Padova) a Francesco Benozzo (associato di Filologia e linguistica romanza all’Università di Bologna, candidato al Nobel per la Letteratura dal 2015). 

Forse non sarete tutti, forse sarete solo una piccola parte, ma ci basterà per essere fieri, una volta di più, di essere o essere stati vostri studenti. 
Ci sarà sufficiente per non incrinare la fiducia che in questi anni di studio abbiamo avuto e tuttora abbiamo in voi. Per non dover mettere in discussione, alla radice, il senso del vostro stesso insegnamento. Se poi vorrete, spazientiti, sbirciare già alla fine di questo messaggio ben poco smart, social friendly o parcellizzabile in slogan pronti ad essere confutati con ottusa disinvoltura dai sedicenti fact-checker, troverete un nuovo motivo di delusione. 

Vedete, non ci firmiamo “Studenti contro il Green Pass”. Nemmeno “Studenti contro i sieri genici sperimentali a mRna e Dna ricombinante”, o “Studenti contro il terrorismo mediatico, il tracciamento sanitario e la digitalizzazione totalitaria”. 

Siamo, semplicemente, studenti dell’Università di Bergamo. Spiacenti di aggiungere un’inerte constatazione in un momento già governato dal consenso tautologico e dal culto dell’identico, ma, sapete, questo non è niente di più e niente di meno di quello che effettivamente siamo. 
Siamo parte della comunità universitaria. 

Ci siamo regolarmente iscritti, pagando le tasse universitarie. Abbiamo frequentato le lezioni, abbiamo sostenuto gli esami, anche con medie eccellenti. Durante il nostro percorso universitario, come tutti, siamo stati colpiti dai lutti e dalle restrizioni. Infine siamo tornati in Università, per riprendere, terminare o proseguire i nostri studi. 
E ora? 

Ora, con il D.L. 111/2021 e la conseguente comunicazione del Rettore, chi è deciso a non accettare l’illegittima imposizione del Green Pass non sembra venir nemmeno contemplato nella vita universitaria, sia pure con altre modalità di partecipazione (senza curarsi del considerando n. 36 del regolamento 953/2021 del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea sull’uso del Green Pass, dove si sancisce che anche coloro che hanno scelto di non essere vaccinati non possono essere oggetto di discriminazione, diretta o indiretta). 

Neppure un riferimento alla possibilità – comunque moralmente discutibile e insoddisfacente – di svolgere gli esami a distanza, ricorrendo a una modalità partecipativa così sistematicamente e agilmente adottata nell’anno e mezzo di emergenza pandemica. 
Ed eccoci esclusi, come accaduto ad altri studenti Unibg nel curioso caso di occultamento dei 192 commenti – in larghissima parte critici – sottoscritti al post di Facebook con cui l’Università di Bergamo informava dell’introduzione del Green Pass, lo scorso 23 agosto: fuori dal testo, fuori dal diritto, fuori dalla comunità. 

Confidiamo in una dimenticanza, in un refuso, a cui auspichiamo si rimedi presto, come a livello governativo si è fatto con quel celebre “per scelta” curiosamente omesso e poi reintegrato nella traduzione italiana dello stesso 953/2021. Perché questo è quello che siamo: studenti dell’Università di Bergamo, a rappresentanza di pressoché tutte le sue facoltà. Non ci qualifichiamo, non ci quantifichiamo. Potremmo essere 10, 100, 1000, 10000... 

Ma anche se fossimo solo in due, come erroneamente e grottescamente riportato dal Corriere della Sera-Bergamo in data 18 agosto 2021 riguardo ai primi due giorni di raccolta firme a Bergamo per la petizione indetta dal Prof. Granara, dovrete fare i conti con la nostra presenza. 
E con le nostre domande. 

Da aspiranti filologi e filosofi, ci chiediamo come sia ammissibile una massificazione tanto violenta e un depauperamento tanto sistematico e su larga scala del linguaggio e del pensiero critico. 
Da aspiranti pedagogisti, ci domandiamo se tutto ciò non sottintenda un preoccupante stravolgimento dei concetti stessi di istruzione, di educazione e di insegnamento. 

Da aspiranti psicologi, ci interroghiamo su quanto sia legittimo ed eticamente accettabile l’abuso di tecniche di condizionamento mentale da parte di mass media e istituzioni nel promuovere la campagna vaccinale. 

Da aspiranti ingegneri, ci chiediamo quanto sia effettivamente fondato e corretto un utilizzo mediatico e strumentale di statistiche e dati, volti a giustificare restrizioni e norme politico-sanitarie. 

Da aspiranti giuristi, ci interroghiamo su quanto siano tollerabili nel nome dell’emergenza sanitaria la drastica riduzione e il graduale smantellamento delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione Italiana e dell’ordinamento democratico del nostro Paese. 

Da esseri umani, ci domandiamo quanto sia sostenibile questa china tecnocratica e disumana che si va profilando, e a quale idea di futuro autoritario e biomedicalizzato ci stiamo progressivamente adattando. Per paura, indifferenza o conformismo. 

Ci chiediamo tutto questo, e lo chiediamo a voi. A ciascuno di voi. Cosa deciderete di fare? In un contesto di pianificato caos normativo e statistico dove di osservabile e verificabile sembra rimanere ben poco, e dove a dettare legge sono spesso gli scienziati più autoritari in luogo dei più autorevoli, avanziamo il sospetto che l’Università tutta rischi oggi di trovarsi davanti a un bivio cruciale. 

Può darsi, a ben vedere, che non siamo lontani dalla concreta, drammatica possibilità di regredire dai moderni principi del metodo scientifico sperimentale – che delle Università rinnovarono, illuminarono e affinarono lo spirito – all’opacità di un nuovo, restaurando dominio del principio d’autorità, sclerotizzato in granitica e incontestabile Scienza. 

Per riconoscere la direzione più giusta e probabilmente più sana, può darsi che la strada da percorrere non sia all’insegna della paura e del controllo, bensì del coraggio e della libertà, debitamente scrostati dalle sedimentazioni propagandistiche di questi mesi. 

E può darsi che al netto di tutti i ricatti morali e occupazionali del caso, non siamo altri che noi – mittenti e destinatari di questa lettera, insieme – i primi artefici del futuro che ci aspetta. 
Da oggi stesso, ognuno di noi, individualmente, ne sarà responsabile. Grazie dell’attenzione,

 Studenti dell’Università di Bergamo

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Studenti Contro il Green Pass Torino

Alla cortese attenzione del Magnifico Rettore Università degli Studi di Torino 
E per conoscenza Al Comitato Unico di Garanzia Comunicazione Ufficiale 

Con la presente, ci rivolgiamo alle SS.LL. in rappresentanza di un nutrito gruppo di studenti e lavoratori del mondo universitario, venutosi ad organizzare in seguito all’infausta estensione dell’obbligatorietà della Certificazione verde COVID-19 (c.d. «green pass») anche per studenti universitari, Docenti e Personale ATA, decretata dal D.L. 06/08/2021 n. 111, art. 1 c. 6. 

Premesso che: 
• Il decreto rettorale n 646 del 29/02/2016 all’art. 1 c.1 recita “[…] l’Ateneo intende garantire a ognuna un diritto inviolabile ad essere trattata con dignità e rispetto e a non subire atti contrari ai principi di parità e non discriminazione.[…]” 

• La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, vincolante per gli stati membri ai sensi del Trattato di Lisbona, all’art. 3 recepisce il principio del consenso personale libero e informato ai trattamenti sanitari sancito dall’art. 5 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina di Oviedo del 1997; • 

L’art. 36 del Regolamento UE 953/2021 stabilisce che “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. […]” 

Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati; 
• La risoluzione n. 2631 del Consiglio d’Europa, datata 27/01/2021, invita gli Stati membri e l’Unione Europea ad assicurare “che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno può essere sottoposto ad una pressione politica, sociale o di altro genere affinché si vaccini se non desidera di farlo; che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato a causa di possibili pericoli per la salute o perché non vuole farsi vaccinare”; Considerato che: 

• L’art. 9 del D.L. 52/2021, che introduce il «green pass», richiamandosi al principio di prevalenza delle norme europee su quelle nazionali, prevede espressamente l’applicabilità delle norme italiane solo se compatibili con il Regolamento CE 953/2021 sopraccitato; • Il mondo scientifico ha ripetutamente negato alla certificazione verde qualsiasi efficacia punto di vista della sicurezza sanitaria e della prevenzione, appalesando la sua natura prettamente politica di strumento di pressione alla vaccinazione; 

• L’impedire ai dipendenti delle strutture universitarie, docenti e personale ATA, di esercitare la propria professione in mancanza della certificazione verde configura una violazione del diritto fondamentale al lavoro garantito dagli artt. 1 e 4 della Costituzione Italiana; 

• L’impedire agli studenti di partecipare alle lezioni in presenza, di sostenere esami e di frequentare le biblioteche, luoghi questi ultimi indispensabili per l’esercizio dell’attività di ricerca, in mancanza della certificazione verde configura una violazione del diritto allo studio garantito dall’art. 34 della Costituzione Italiana e tutelato dalla Legge 107/2015, art. 1, c. 181, punto f;

 • La discriminazione dei cittadini nell’esercizio dei loro diritti è vietata dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dall’art. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 3 della Costituzione Italiana; Per tutto quanto premesso e considerato: 
Noi, aderenti al movimento Studenti contro il Green Pass – Torino, ci teniamo a ribadire la nostra contrarietà e opposizione ad ogni forma di discriminazione verso gli studenti per qualsivoglia motivo, che sia di razza, religione, convinzioni politiche, sesso, e tantomeno per le terapie farmacologiche ai quali i singoli decidano o meno di sottoporsi. 

Discriminare l’accesso agli ambienti dell’Università in base al possesso o meno di un passaporto sanitario è una inaudita divisione degli studenti in studenti di serie A e studenti di serie B: ai primi è concesso, in un regime di libertà condizionata, di frequentare le lezioni, sostenere gli esami, di partecipare ai tirocini obbligatori e ai vari servizi dell’Università, in primis quelli bibliotecari, mentre ai secondi no, venendo al massimo concessa la fruizione di una forma depotenziata di didattica a distanza, pur a parità di tasse pagate. 

Esso si configura pertanto come un palese, incomprensibile, insensato e volontario atto di scoraggiamento verso lo studio, il perseguimento degli obiettivi accademici e la partecipazione alla vita universitaria. Il pensiero che questa o altre misure impediscano a qualunque studente che voglia partecipare a una lezione o a un esame di entrare in aula dovrebbe far rabbrividire chiunque. 

Certamente patente è il carattere discriminatorio e ricattatorio del cosiddetto «green pass», il quale – come sopra richiamato – costituisce per esplicita ammissione uno strumento di pressione alla vaccinazione senza alcun riguardo delle scelte personali, attesoché la via alternativa di ottenimento della certificazione costringerebbe gli studenti a subire virtualmente ogni due giorni un test diagnostico invasivo e costoso, insostenibile per molti per i quali la pressione si trasforma dunque in una costrizione. 

Le Istituzioni Universitarie, avallando e attuando le disposizioni del governo, nonché attraverso le dichiarazioni ufficiali con cui – adottandone pure nel metodo la pericolosa deriva con cui si sostituisce il principio di autorevolezza con quello di autorità, e s’inverte il principio fondamentale dell’onere della prova – fanno propri gli inviti perentori e ricattatori del governo, collaborino al perpetrare detta discriminazione, precludendo il pieno godimento del diritto allo studio agli studenti che non si sottopongano a determinate ed arbitrarie terapie farmacologiche, è per noi inaccettabile, inammissibile e inconcepibile. 

Questa misura, inoltre, presenta un’ulteriore spiacevole conseguenza, ovvero quella di minare il rapporto di convivialità fra gli studenti stessi, favorendo l’insorgere di atteggiamenti discriminatori ed irrisori nei confronti degli studenti dissenzienti, atteggiamenti che paiono legittimati e coperti dalla predetta discriminazione di Stato. 

Non possiamo escludere che in futuro questi episodi, per ora isolati, non vadano ad aumentare in numero ed intensità, fino a sfociare nella violenza. Siamo costretti a ritenere che ogni atto di discriminazione verso uno 2 studente che avvenga in cagione di tali misure, alla luce di quanto sopra esposto, sia avallato dalle istituzioni universitarie. 

Infine, vi sono delle ambiguità di fondo che non sono ancora state chiarite: 
1. Come mai i possessori di Green Pass non sono soggetti a tampone, anche se è ormai noto che anche loro possono contagiarsi e contagiare ? Non è forse questo un pericolo che il D.L 06/08/2021 n 111 stesso cerca di scongiurare con l’introduzione del controllo degli accessi ? 

2. Che senso ha escludere totalmente la Didattica a Distanza dalle modalità di fruizione delle lezioni e degli esami se essa potrebbe potenzialmente essere l’unica opzione disponibile in caso di scoperta di nuovi positivi o di nuove misure restrittive ? 

Alla luce di tutto quanto sopra detto INVITIAMO UFFICIALMENTE Il destinatario della presente a disapplicare l’art. 1 c. 6 del Decreto Legge n. 111 e conseguentemente a garantire il libero esercizio del diritto allo studio in tutte le modalità in cui esso si esplica (lezioni in presenza, esami, fruizione dei servizi bibliotecari) e il diritto al lavoro dei dipendenti delle strutture universitarie, anche mediante l’utilizzo di strumenti preventivi quale l’autocertificazione.

Eventualmente, chiediamo che vengano predisposte delle alternative più inclusive, non discriminanti e soprattutto reali in modo da garantire i sopracitati diritti della comunità universitaria tutta. Confidando nell’accoglimento della nostra richiesta, salutiamo cordialmente

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La Sapienza di Roma

“Alla Cortese attenzione della Rettrice Antonella Polimeni,

Siamo un gruppo di studenti dell’Università La Sapienza e vorremmo rispondere alla Sua lettera rivolta alla Comunità studentesca, con cui Ella ci informa che il piano vaccinale deciso dal Governo è l’unica
via d’uscita dalla pandemia.

E’ con un senso di profonda delusione che rileviamo come tale
argomentazione, portata avanti dal Governo e dai media a reti
unificate, venga riproposta in ambito accademico con una modalità assertiva volta a negare qualsiasi opinione che possa anche solo mettere in dubbio l’assunto su cui essa si fonda.

Come Lei sa, da medico e donna di scienza, il progresso delle
conoscenze passa attraverso l’analisi obiettiva e trasparente delle evidenze scientifiche, che tenga in debito conto le posizioni critiche, minoritarie e dissenzienti.

Poiché, in qualità di studenti della Sapienza, abbiamo avuto il
privilegio di apprendere questo metodo nelle aule di uno dei più
antichi Atenei del mondo, non possiamo fare a meno di rilevare che, ad oggi, le evidenze scientifiche disponibili contraddicono le
apodittiche affermazioni del Governo, tenuto conto del semplice fatto che, nel corso del mese di agosto 2021, si è registrato un numero di
contagi e di decessi superiore rispetto a quello registrano nel mese di agosto 2020.

Questa semplice evidenza sembra confermare l’opinione, ormai
largamente diffusa tra la popolazione, che il Green Pass rappresenti uno strumento di natura politica, più che di natura sanitaria, e che detto strumento sia volto, prioritariamente, a spingere gli italiani verso la vaccinazione di massa, aggirando in modo surrettizio l’art. 32, secondo comma, della Costituzione.

La stessa campagna vaccinale ha ormai messo in luce i rischi dei
vaccini immessi in commercio dall’Unione europea in aperta violazione dei principi di precauzione, di consenso informato, di beneficienza,
di non maleficenza e di giustizia; e confidiamo nel fatto che la
Magistratura opererà per accertare il nesso di causalità tra vaccinazioni e reazioni avverse.

A questo punto non possiamo fare a meno di chiederLe se Lei sarà
disposta, in quanto donna di scienza e in quanto medico, a prendersi la responsabilità di avallare uno strumento scientificamente rischioso
e politicamente liberticida come il Green Pass, che peraltro determinerà il collasso della società civile come fino ad oggi ci è stato dato di conoscere, o se, invece, vorrà mettere argine a questa deriva.

Perché è evidente, Magnifica Rettrice, che, nel caso Lei scegliesse di avallare lo strumento del Green Pass, noi studenti saremo costretti a cercare altri luoghi, diversi dalla Sapienza, dove la ricerca, la conoscenza e la cultura si ispirino ai principi che il Green Pass intende sopprimere.
La ringraziamo per l’attenzione e la salutiamo cordialmente."

Studenti Università La Sapienza di Roma

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