Dalla società Senza Dolore all’Odio dei Giusti nella società della Sopravvivenza - (andrea macciò )




 
L'INFEZIONE 
DELLA 
DEMOCRAZIA





Con la pandemia, nel giro di pochissime settimane, la società edonista
 - “la società senza dolore”- è diventata una società penitenziale, dove il dolore viene ostentato e la sofferenza è motivo d’orgoglio.

La società che si sta delineando è la crasi tra una teocrazia scientista, dove gli individui devono meritarsi la libertà (rispettando una serie di prescrizioni apparentemente scientifiche, ma in realtà di ordine morale) - 
e un capitalismo autoritario, che mette insieme il peggio del liberismo e del comunismo reale.   (> continua)
   

Dopo il crollo del comunismo sovietico, il politologo Francis Fukuyama profetizzò “la fine della storia” e l’avvento di un mondo pacificato sotto il segno della democrazia liberale e degli scambi commerciali. 
Fukuyama riprese da Nietzsche il concetto di “ultimo uomo” in quanto la società della fine della storia avrebbe segnato la morte della megalotimia, 
“lo slancio sfondante nell’eroico verso ciò che è superiore” (B.H. Chan, 2021).

Il filosofo Byung Chul Han nel suo ultimo lavoro “La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite” nella prima fase del libro ricostruisce come effettivamente il periodo seguito alla fine della guerra fredda abbia costituito una parentesi di rimozione dell’infelicità, del dolore, del concetto stesso di morte dall’orizzonte sociale e politico.   

Emblema di questa rimozione è la “psicologia positiva” caratteristica della cultura americana, un approccio pratico mirato alla risoluzione dei problemi invece che allo scavo interiore come la psicoanalisi di tradizione europea. 
Una società del like “vero e proprio analgesico della contemporaneità” (Chan, 2021: 8) dove tutto diviene instagrammabile come se ci fosse un filtro per edulcorare tutto, rimuovere il dolore, la morte, l’infelicità.

I neocon americani (Felice, 2005 per una ricostruzione) prima e i cosiddetti “rossobruni” (Fusaro, 2018, 2019; De Benoist, 2017) di recente hanno puntato il dito contro quello che Fusaro stesso definì “turbocapitalismo del plus godimento”.

Lo stesso Chan nei suoi lavori recenti critica ferocemente l’approccio neoliberista della felicità che ti devi costruire da solo e l’occultamento edonistico del dolore, che avrebbe delineato una “società palliativa” (Chan, 2021)

In realtà l’immagine di società pacificata e edonista era un vero e proprio abbaglio, come dimostra Dal Lago nel suo “Carnefici e Spettatori” (2012).
 
La conflittualità sociale non è mai sparita, ma è stata anestetizzata ad uso e consumo del pubblico televisivo e social occidentale.

In questo quadro falsamente edulcorato, come afferma Manzotti (2020, prefazione a Macciò, 2020), il virus è intervenuto come perturbante a squarciare il velo di Maya di una società e di almeno 3 generazioni “che non hanno dovuto conquistarsi nulla” 
- e “fatte da individui incapaci di porsi di fronte a vere scelte esistenziali” “incapaci di reggere al minimo momento di stress e difficoltà”.

Il virus ha fatto irruzione nella società palliativa delle guerre guardate dal divano, della morte e del dolore occultati generando un’isteria collettiva, individuale e pubblica, rafforzando le forme storiche di odio sociale e hate speech online (razzismo, omofobia, odio politico) e generandone una forma tutta nuova, che possiamo definire riprendendo la definizione della linguista Vera Gheno, un “odio dei giusti”.

Se razzismo e omofobia si sono rafforzati, individuando in storici bersagli dell’odio sociale i capri espiatori ideali di una “guerra al virus” (guerra che ha assunto toni escatologico-morali più che scientifici ) - in Italia si sono verificati anche alcuni fenomeni nuovi. 

Uno è il razzismo interregionale, riesploso dopo la fase conflittuale del secessionismo leghista degli anni novanta
- l’altro la convergenza di fatto tra fronti teoricamente contrapposti come la destra cattolica e la scienza neocartesiana - in un approccio sessuofobico che rappresenta le recrudescenze della pandemia come una sorta di punizione divina per il peccato.

Questa convergenza fra scienza mainstream e religione non è un fatto nuovo, come documentano gli studi sulla repressione della stregoneria (Delumeau, 1995, 1997).
L’irrazionalità con cui la scienza ufficiale ha approcciato e comunicato questo virus hanno determinato un complottismo di rimbalzo altrettanto irrazionale.

Ma la caratteristica più saliente è “l’odio dei giusti”. 
Lo sceriffo da balcone, l’eroe da divano, il fustigatore della presunta “irresponsabilità” altrui, il segnalatore di feste private: 
figure inquietanti del corpo sociale spesso incoraggiate da una comunicazione politica e mediatica sovra-eccitata e millenaristica, sono l’ ultima incarnazione del “gentismo” (Bianchi, 2017) del “cittadino esasperato” che si scagliava sui social contro la “Kasta” e gli immigrati.

Questa figura è sempre stata caratterizzata da una postura vittimaria: 
secondo il sociologo Simon (2008) nel mondo occidentale la vittima ha progressivamente sostituito il soggetto di diritti civili come centro dell’attività legislativa.

In questo contesto, i “giusti della pandemia” nel nome del bene comune e del rispetto per i morti, hanno creato una forma violentissima (anche se in forme prevalentemente verbali) di odio sociale, 
sorretta dalla convinzione della propria superiorità morale nell’adesione acritica a regole sovente simboliche e insensate 
- e legate al fatto di “parlare a nome delle vittime”. 

L’odio dei giusti di fatto appare come una forma di fastidio supremo per la libertà altrui, giustificata dalla narrazione politico-mediatica corrente, non troppo dissimile dal “fascismo eterno” di Umberto Eco.

Come afferma William Davies, anche gli Stati sono diventati “stati nervosi” e sia le persone che la politica sono cadute in mano all’emotività più di quanto già fossero.
La morte e il dolore, per anni occultati, hanno improvvisamente guadagnato il centro della scena pubblica.
E qui l’analisi di Chan ha alcuni punti assai critici.

La morte e il dolore sono diventati oggi “instagrammabili” come ieri lo erano l’arte, la sessualità, la vita quotidiana.
Il virus non ha cancellato la società dello spettacolo e della new media reality, (Mirzoeff, 2016, in Lorusso, 2018) ma, anzi, la ha rafforzata, mentre ha messo profondamente in crisi, forse in maniera definitiva, l’idea di democrazia liberale.


L’ostentazione sui social network della malattia da parte di giornalisti,
calciatori, attori, politici; il fenomeno dei “selfie in terapia intensiva”; 
gli anatemi di alcuni operatori del settore sanitario contro la libertà individuale e il “non rispetto delle regole”; il bollettino quotidiano di morti, contagi, guarigioni: 
dall’occultamento del dolore e della malattia siamo passati a una sorta di ostentazione “pornografica” in senso metaforico degli stessi fenomeni.

Il dolore è oggi instagrammabile, la sofferenza da occultata diviene ostentata. Aver sofferto per il virus, direttamente e indirettamente è prova di superiorità morale, una sorta di espiazione del peccato simboleggiato dall’autodafé della ragazza colpevole di aver “ballato in Croazia senza mascherina".

Secondo Chan, oggi l’ordine digitale ha sostituito “l’ordine terragno” di cui parlava Heidegger . L’ordine digitale prevede che tutto sia disponibile subito.

Il cortocircuito fra ordine digitale e virus ha ucciso definitivamente la tesi della fine della storia e della democrazia liberale, con al centro i diritti individuali, profetizzata da Fukuyama. 
“L’ultimo uomo” che rinuncia alla megalotimia è perfettamente compatibile con le società totalitarie. Lo stesso Fukuyama nel recente “Identità” riconosce il fallimento della tesi della fine della storia.

Il virus ha inflitto uno shock gravissimo alla società che conoscevamo e smentito in maniera plateale chi teorizzava, come Fusaro e De Benoist, il trionfo di un capitalismo liberista basato sull’edonismo e il godimento.

Al primo vero problema, questo simulacro edonista è caduto rivelando una società reazionaria, tanatofobica e bigotta, 
dove gli individui hanno rinnovato il patto hobbesiano del Leviatano rinunciando a tutto pur di sopravvivere.

Una società nel quale anche la religione è diventata simulacro, nel quale, tra distanziamento sociale e riti in mascherina “la fede si riduce a una farsa, sostituita dalle terapie intensive” (Chan, 2021) e la messa è metaforicamente sostituita dal rito quotidiano della conta dei morti.

Una narrazione rovesciata, per cui se ami qualcuno lo allontani fisicamente. Una neo-religione con approccio “salvifico-moralista” (Manzotti, 2020) con i suoi rituali: il rito espiatorio del lockdown periodico, i saluti col gomito, la mascherina.

Molto più di quanto non avesse fatto il terrorismo, il virus ha ucciso quella che Chan definiva “società permissiva” e la teoria della prevalenza dell’edonismo. 
Il filosofo in parte smentisce sé stesso, riconoscendo che non andiamo più verso una società liberista e libertaria, ma verso una società disciplinare caratterizzata dal controllo biopolitico sui corpi.

File, percorsi obbligati, prenotazioni, decaloghi, elenchi di regolette igieniche, “raccomandazioni” scientifiche per i rapporti sessuali ai limiti del grottesco (mantenere il più possibile la distanza di sicurezza, indossare la mascherina, flirtare solo “mano nella mano”)

- inversione dell’onere della prova (il cittadino deve dimostrare allo stato di essere sano) cessione di dati sensibili (temperatura corporea, obbligo di comunicare contatti con altre persone).
Cessione di dati sensibili che viene da lontano, appunto dal datismo (Harari, 2018) e dalla prevalenza dell’ordine digitale su quello terragno di Heidegger.


Il virus è quindi il punto nel quali i due dispositivi di potere studiati da Foucault, quello disciplinare e quello biopolitico (potere di far vivere e lasciar morire) si incontrano.   
La società senza dolore ha prodotto quindi una società nella quale la vita lascia il posto alla sopravvivenza e nella quale l’idealtipo del cittadino attivo è stato sostituito dalla vittima. 

Grazie appunto agli studi sulla “postura vittimaria” di Simon e Garland e dei giuristi italiani Anastasia e Bouchard, possiamo comprendere come le popolazioni delle democrazie occidentali abbiano accettato misure pesantissime di limitazione della libertà personale e intromissioni nella sfera intima. 

La paura del virus e il “senso civico” (la retorica del “distanziamoci oggi per abbracciarci domani) non spiegano questo fenomeno. 
Lo spiega il fatto che le persone da anni si autopercepivano come vittime, prima che del virus, dell’immigrazione, della criminalità o del terrorismo, spesso senza aver subito esperienze personali di vittimizzazione. 

La stessa lotta per i diritti civili ha assunto la forma di un’olimpiade del vittimismo (Lilla, 2018) finendo per essere utilizzata dall’estrema destra.
La vittima è un soggetto passivo e inerte, pronta a rinunciare a tutto in nome della sopravvivenza.

Dal punto di vista politico, la società della vittima è una società lontanissima dalla democrazia liberale, dal liberalismo e dal liberismo, ma anche dal pensiero socialista e socialdemocratico per il quale lo stato garantisce servizi pubblici universali in cambio del contributo fiscale in maniera universale.

Nella società della vittima o della sopravvivenza, i servizi pubblici secondo molti “vanno meritati” ed erogati solo a chi ha tenuto un comportamento irreprensibile ed ha rispettato regole e prescrizioni mediche (spesso apertamente sconfinanti appunto nel giudizio morale) alla lettera. 
Questo punto di vista è lontanissimo sia dal liberalismo che dal socialismo. 
Ed ha pochi punti di contatto anche con i populismi identitari di destra.

Che cosa è quindi, la società della sopravvivenza, che non potendo più occultare un dolore che si rifiutava di accettare lo ha spettacolarizzato?

È il punto d’incontro fra il potere disciplinare e quello biopolitico, come da un certo punto di vista riconosce anche Chan.
Ed è una società irriducibile alle correnti politiche del Novecento: libertarismo, liberalismo sociale, socialismo, comunismo, fascismo.

Come suggerisce Chan- analizzando la trasformazione dei riti religiosi - è una sorta di società teocratica, una teocrazia scientista nella quale la Scienza neo-cartesiana ha preso una postura dogmatica simile a quella della religione, dove gli individui devono “meritarsi” la libertà o i servizi pubblici rispettando una serie di prescrizioni apparentemente scientifiche ma in realtà di ordine morale (Manzotti, 2020, articoli vari).

Ora, parafrasando Fukuyama, la post-normalità della società covid-centrica 
della sopravvivenza può rappresentare come alcuni sostengono una nuova fine della storia, incardinando per sempre i principi del distanziamento sociale e del controllo pervasivo sugli individui ? 
Non ne sono così convinto.

I fenomeni sociali e politici sono per loro natura imprevedibili e l’infodemia comunicativa dei tempi odierni ne accelera rapidamente la fine, come accade d’altra parte per molte leadership politiche che passano dall’altare alle polveri nel giro di un paio d’anni.

Andrea Macciò                                       luglio 2021    


  Bibliografia    
  
De Benoist A. (2017) Populismo. Oltre la destra e la sinistra, Arianna, Bologna

Dri Giovanna (2013) Il concetto di biopolitica in Michel Foucault, www.frammentirivista,it, 2 marzo 2013

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Fukuyama F. La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano 1992
Fukuyama F. (2018) Identity. The demand of dignity and the politics of resentment, trad.it 2019 Identità. La ricerca della dignità e i nuovi populismi, Milano, Utet

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Fusaro D. (2019) Glebalizzazione. La lotta di classe ai tempi del populismo, Rizzoli, Milano

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Han B.C. (2016) Psicopolitica, Nottetempo, Roma
Han B.C. (2021) La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite, Einaudi, Stile Libero

Harari, Y.N. (2018), 21 Idee per il 21 Secolo, Bompiani, Milano-Firenze
Lorusso A. (2018) Postverità, Laterza, Bari-Roma

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Manzotti R. (2020a) #Iostoacasa. Come la paura e la mancanza di ragione uccidono la democrazia, www.leoniblog.com 8 aprile 2020

Manzotti R. (2020b) Il nuovo bigotto (volgarmente detto restoacasista martire: io sono meglio di te perché godo di meno) www.leoniblog.com, 6 Maggio 2020, anche su www.riccardomanzotti.com
Manzotti R. (2020e) Falli e fallacie ai tempi del Covid 19, 22 Giugno 2020 www.riccardomanzotti.com
Moranduzzo S (2020) Padova, festeggiano la maturità in Croazia e tornano positive al Covid, decine in isolamento, www.corrieredelveneto.it. Agosto 2020