I Cicli di Amplificazione dei Test Covid - (ugo bardi)









I test con i tamponi 
ci danno risultati affidabili?   





Può darsi che abbiate sentito parlare della questione della affidabilità dei test al Covid fatti per via “molecolare,” ovvero con il cosiddetto “tampone”. 
Sono anche chiamati “PCR” (polymerase chain reaction) un termine che descrive il meccanismo del test.Il PCR è una meraviglia della biologia molecolare moderna e riesce a rilevare quantità veramente infinitesimali del materiale genetico del virus SARS-COV-2. .....  

Ma, per quelli di noi che non sono biologi molecolari, il problema si riassume in una domanda molto semplice: siamo sicuri che un test positivo di una persona asintomatica vuol dire che quello è veramente infetto? 
E’ la questione dei cosiddetti “falsi positivi.”

Su questa faccenda, si è parlato molto e in termini spesso specialistici e difficilmente comprensibili per tutti. Riassumendo le basi della discussione, viene fuori che la capacità del test di rilevare piccole quantità di materiale virale, dipende da un parametro detto “ct” — cicli di amplificazione.

Ora, se avete un po’ di esperienza con analisi di laboratorio d qualsiasi tipo, sapete bene che amplificare il segnale è sempre rischioso: può succedere di amplificare un segnale spurio e prenderlo per buono. 
Per evitare di scambiare una formica per un elefante, ci vuole esperienza e buon senso. 
Ma non solo quello, è anche una questione di trasparenza. 
Se quello che fa le misure non riporta esattamente in che condizioni le ha fatte, allora non si parla più nemmeno di errore, ma di imbroglio. 
Alle volte, purtroppo, succede anche questo.

Tornando al test PCR per il Covid, il “ct” è una misura dell’amplificazione del segnale. 
Come per tutte le misure, si può amplificare troppo o troppo poco, in entrambi i casi ottenendo risultati sbagliati. 

Un ct troppo basso può mancare il virus (falso negativo), uno troppo alto può darvi un falso positivo. 
Ma qual’è il numero giusto per il ct? Eh…. buona domanda. 
Prendete 10 esperti e chiedeteglielo, e avrete 10 risposte diverse. 
Non c’è uno standard internazionale per queste misure e anche l’OMS si è limitata a raccomandare di non esagerare con l’amplificazione, per evitare risultati spuri (1).

Tuttavia, ci sono anche esperti che hanno esplicitamente detto quali sono i limiti da non superare. 
Per esempio il CDC (center for disease control and prevention degli Stati Uniti) dice che il ct non dovrebbe superare il valore di 33, mentre Fauci (sapete chi è) dice che 35 è il valore massimo (3). 

Sebastian Rushworth, medico svedese molto competente su queste cose, dice che oltre 35 i test sono privi di significato (2).
C’è chi dice che si può andare anche un po’ più su con il ct, ma nel complesso sembra che ci sia un buon accordo che i risultati ottenuti con un ct sopra i 35 devono essere presi, come minimo, con molta cautela (per non dir di peggio). .

Per riassumere, da quello che ho letto credo si possa dire che Fauci ha preso una posizione abbastanza ragionevole: 
Fino a ct=35 il test da risultati significativi. Sopra quel valore, un risultato positivo è perlomeno sospetto. 
E anche i risultati per valori fra 30 e 35 dovrebbero essere presi con una certa cautela per pazienti asintomatici.

Tenete anche conto che c’è una linea di pensiero che dice che non si dovrebbe dire il ct al paziente (e forse nemmeno al medico curante) perché questo creerebbe solo confusione e minerebbe la fiducia nel test.
Alle volte, c’è chi si esprime in modo alquanto aggressivo su questa faccenda, sostenendo che solo gli specialisti di biologia molecolare hanno il diritto di parlare e che tutti gli altri devono stare zitti in quanto incompetenti (4). 
Per fortuna, i biologi molecolari non sono tutti così!

Ora, andiamo al nocciolo della faccenda. 
Qual’è il valore del ct per i test fatti in Italia e sui quali si basano le politiche del governo?
Beh, la risposta è che non lo sappiamo. 
Quando, ogni giorno, leggiamo sui giornali il numeri dei casi positivi, non c’è scritto in nessun posto per quali valori del ct. 
E i test individuali non riportano quasi mai quel numero.

Recentemente, mi è capitata in mano un’eccezione: i risultati di un test PCR fatto in un ospedale italiano dove, per una volta, si potevano leggere i valori del ct. 
Il risultato del test dice che per ottenere una risposta positiva è stato necessario arrivare a un ct=36 per due frammenti molecolari, e a ct=38 per il terzo frammento. 
Secondo quello che si è detto prima, un risultato positivo per questi valori è inaffidabile. 
Non si sa se la persona testata fosse sintomatica o no, ma il risultato del test è descritto come “positivo” senza incertezze. 
In altri casi, mi risulta che i test a questi livelli di ct riportino la
dizione “debolmente positivo,” ma non è chiaro cosa si intenda e quali conseguenze abbia per il paziente.

Ora, attenzione, da qui a dire che i test PCR sono tutti falsi e che l’epidemia non esiste (come qualcuno va sostenendo) ne passa un bel po’. 
Come dicevo all’inizio, il PCR è una meraviglia della biologia molecolare moderna e che funzioni lo si vede anche dal fatto che le curve epidemiologiche che vediamo sono nel complesso sensate: stiamo misurando qualcosa di reale.

Ma, se entriamo nel dettaglio, ci troviamo di fronte a misure la cui affidabilità non è per niente chiara
Se poi pensiamo che è su queste misure che si basa tutta la politica del governo che ha avuto e sta avendo pesantissimi effetti su tutti gli italiani, allora viene fuori che dovremmo fare decisamente di meglio. 
Come minimo, il governo dovrebbe introdurre degli standard al ct dei test e pretendere che siano rispettati prima di mandare le persone in quarantena o bloccare tutto il paese in lockdown.
(Marzo 2021)            

APPROFONDIMENTO      
Novembre 2020

Dalla Svezia: Usare i Test per il Covid in Modo Scientifico.
Di Ugo Bardi - Università di Firenze (1)
Sebastian Rushworth è un medico svedese che tiene un blog (2) dove racconta molte cose della situazione in Svezia e anche altre cose di tipo generale sulla salute. Tutto basato su un approccio scientifico rigoroso ma, allo stesso tempo, espresso in modo comprensibile. Se sapesse l’Italiano lo inviteremmo volentieri nel gruppo PDO perché il suo approccio è molto simile al nostro. Quantitativo, scientifico, razionale, mai politico.

Ci sono molti post interessanti sul blog di Rushworth e anche se non sapete l’inglese li potete tradurre facilmente usando uno dei tanti traduttori sul Web. Qui, ve ne traduco uno che mi è parso particolarmente interessante dove Rushmore esamina la questione dell’accuratezza dei test per identificare il COVID-19. Non è una faccenda proprio semplicissima, ma lui la spiega con una chiarezza veramente esemplare.
La storia dell’accuratezza dei test e la questione dei “falsi positivi” è stata discussa altre volte (3), però vale la pena di parlarne di nuovo perché la questione non è ancora stata capita nel dibattito generale. Fra le tante cose, dal testo di Rushworth, leggiamo:

"....meno la malattia è prevalente in realtà, più è probabile che il test generi un risultato falso positivo, e meno utile è il test come metodo per capire chi ha effettivamente il covid. E meno la malattia è prevalente, più sembrerà essere prevalente in relazione alla realtà. Se le decisioni sul covid continueranno ad essere prese in gran parte sulla base di ciò che i test PCR mostrano, potremmo non essere mai in grado di annullare la pandemia!"
Una conclusione decisamente da meditare che ci porta a concludere che certi tentativi beneintenzionati di fare test "a tappeto" potrebbero risultare controproducenti. Insomma, da leggere con attenzione!

Quanto sono accurati i test di covid? (4)
Sebastian Rushworth M.D.
Una delle domande più frequenti che ho ricevuto di recente è quanto siano accurati, secondo me, i test del covid, e in particolare i test PCR. Si dà il caso che una revisione sistematica sia stata recentemente pubblicata su “Evidence Based Medicine” (5) che esamina i test del coronavirus (sia PCR che anticorpi), così ho pensato che sarebbe stato interessante guardare le prove insieme. Questo articolo diventa un po' tecnico e matematico in alcuni punti, quindi per favore abbiate pazienza. Penso che ne valga la pena.

Prima di tutto, diamo un senso a quali sono i due tipi di test e come funzionano. Il test PCR (Polymerase Chain Reaction) è progettato per rilevare una specifica sequenza di nucleotidi, e quando si tratta di rilevare la SARS-CoV-2, il campione viene solitamente prelevato dal retro della gola. I nucleotidi sono gli elementi costitutivi dei genomi, e l'idea è che se si riesce a rilevare una sequenza di nucleotidi specifica per un determinato organismo, allora questo dimostra che l'organismo è presente nel sito del campione. 

Poiché la PCR è progettata per rilevare i frammenti del genoma virale che sono presenti nel tratto respiratorio, il suo scopo è quello di rilevare un'infezione attualmente attiva (al contrario di un'infezione passata).
La PCR funziona ripetendo più volte una serie di reazioni chimiche. Se la sequenza di nucleotidi che si cerca è presente nel campione, allora ogni volta che la reazione viene ripetuta, il numero di copie della sequenza raddoppierà, in modo da creare sempre più copie.

Quindi, se si inizia con una copia della sequenza nucleotidica che si sta cercando, dopo un ciclo si avranno due copie. Dopo due cicli si avranno quattro copie. Dopo tre cicli, avrete otto copie. Dopo quattro cicli, avrete 16 copie. E così via. Come potete vedere, il fatto che ogni ciclo raddoppia il numero di copie significa che i numeri si accumulano rapidamente a livelli enormi. I test di PCR del covid spesso continuano ad andare fino a 40 (o a volte anche 45) volte.

Se si inizia con una sola copia della sequenza nucleotidica virale nel campione, dopo 40 raddoppiamenti, si avranno oltre 1.000.000.000.000 di copie (cioè mille miliardi di copie). La ragione per cui si fa questo ciclo ripetuto di raddoppio, è che una volta che si ottengono abbastanza copie della sequenza che si sta cercando, allora si possono usare altre tecnologie per rilevarla. Ad esempio, è possibile aggiungere al campione molecole che si illuminano visibilmente se sono presenti abbastanza copie della sequenza. Così, dopo che un numero sufficiente di copie è presente nel campione, è possibile rilevarle e si ottiene un risultato positivo.

Il numero di volte che si sceglie di eseguire il ciclo attraverso le fasi della PCR prima di decidere che non c'era nessun virus nel campione è noto come soglia del ciclo. Il numero di cicli utilizzati per ottenere un risultato positivo è in realtà un numero piuttosto importante perché ti dice quanto virus è presente nel campione. Più basso è il numero di cicli richiesti, più virus è presente nel campione. Più alto è il numero di cicli, più è probabile che il risultato sia un falso positivo, causato forse dall'avere una piccola quantità di virus inattivo nel tratto respiratorio, o dalla contaminazione del campione in laboratorio. Come ho detto, dopo 40 cicli, anche una sola copia della sequenza virale è diventata oltre mille miliardi di copie.

Una cosa importante da capire a questo punto è che la PCR rileva solo sequenze del genoma virale, non è in grado di rilevare intere particelle virali, quindi non è in grado di dirvi se quello che state trovando è un virus vivo, o solo frammenti non infettivi del genoma virale. Se si ottiene un test PCR positivo e si vuole essere sicuri che quello che si sta trovando sia un vero positivo, allora bisogna eseguire una coltura virale. 
Ciò significa che si prende il campione, lo si aggiunge alle cellule respiratorie in una capsula di Petri e si vede se si riesce a far sì che quelle cellule inizino a produrre nuove particelle virali. Se lo fanno, allora saprete di avere un risultato veramente positivo. Per questo motivo, la coltura virale è considerata la “pietra di paragone” per la diagnosi delle infezioni virali. 

Tuttavia, questo metodo è raramente utilizzato nella pratica clinica, il che significa che in realtà, spesso, la diagnosi viene fatta basandosi interamente sul test PCR. Una revisione sistematica della capacità di coltura di virus vivi dopo un test PCR positivo (6) ha rilevato che la probabilità di un risultato falso positivo aumentava enormemente ad ogni ciclo supplementare dopo 24 cicli. Dopo 35 cicli, nessuno degli studi inclusi in tale revisione è stato in grado di coltivare alcun virus vivo.
Nella maggior parte dei contesti clinici (compreso quello in cui lavoro), tutto ciò che viene fornito al medico è un risultato positivo o negativo. Non si fa menzione del numero di cicli utilizzati per produrre il risultato positivo. Questo è un problema, poiché è chiaro che un risultato positivo dopo 40 cicli è quasi certamente un falso positivo, mentre un risultato positivo dopo 20 cicli è molto probabilmente un vero positivo.

Comunque, basta parlare del test PCR per ora. L'altro tipo di test principale è il test degli anticorpi. Qui, il campione viene solitamente prelevato dal flusso sanguigno. Ci sono cinque diversi tipi di anticorpi, ma la maggior parte dei test anticorpali cerca un solo tipo di anticorpo, l'IgG, che è il tipo più comune. Generalmente ci vogliono una settimana o due dopo che una persona è stata infettata prima che inizi a produrre IgG, e con il covid, si è generalmente infettivi solo per circa una settimana dopo aver iniziato ad avere sintomi, quindi i test anticorpali non sono progettati per trovare infezioni attive. Lo scopo è invece quello di vedere se si è avuto un'infezione in passato.

Un metodo comune che viene utilizzato per i test anticorpali è l'ELISA (test di immunoassorbimento enzimatico). In questo metodo, avete una piastra su cui avete fissato l'antigene a cui l'anticorpo che state cercando può legarsi (gli anticorpi si legano agli antigeni - antigene è l'abbreviazione di "generatore di anticorpi", ed è fondamentalmente la struttura molecolare a cui un certo anticorpo è specificamente progettato per legarsi).

Si aggiunge quindi il campione di sangue che si vuole studiare alla piastra, a quel punto gli anticorpi nel campione si legheranno agli antigeni (supponendo che gli anticorpi che si vogliono trovare siano effettivamente presenti nel campione). Dopo di che si lava la piastra, in modo che tutti gli altri anticorpi nel campione che non si sta cercando attivamente vengano lavati via (dato che non c'è un antigene a cui legarsi).

Successivamente si aggiunge una molecola di segnalazione che può legarsi agli anticorpi e che ha la capacità di cambiare colore quando viene esposta ad un certo enzima. Poi si lava di nuovo la piastra. Se non ci sono anticorpi attaccati alla piastra perché questa molecola si leghi a questa molecola, la si lava via. Se gli anticorpi che state cercando erano presenti nel campione di sangue, si saranno attaccati all'antigene sulla piastra e questa nuova molecola si sarà a sua volta attaccata ad essi.
Infine si aggiunge un enzima che cambia il colore della molecola di segnalazione. Se la molecola di segnalazione non è stata lavata via nella fase precedente, allora vedrete la piastra cambiare colore e il test anticorpale sarà positivo.

Oltre a capire come funzionano i test, dobbiamo anche capire due termini importanti prima di entrare nei dettagli della recente revisione sistematica. Questi termini sono sensibilità e specificità, e sono fondamentali per tutti i test diagnostici utilizzati in medicina, perché ti dicono quanto è buono un test.
La sensibilità è la probabilità che una malattia venga individuata se la persona ha effettivamente la malattia. Così, ad esempio, un test per il cancro al seno con una sensibilità del 90% rileva il cancro al seno per il 90% del tempo. Nove pazienti con cancro al seno su dieci vengono correttamente informate della malattia. A una persona su dieci verrà erroneamente detto che non ha la malattia, anche se ce l'ha.

La specificità è l'opposto della sensibilità. È la probabilità che a una persona che non ha la malattia venga detto che ce l'ha. Quindi, una specificità del 90% per il nostro test del cancro al seno immaginario significa che a nove persone su dieci che non hanno il cancro al seno verrà detto correttamente che non ce l'hanno. A una persona su dieci che non ha il cancro al seno verrà erroneamente detto che ce l'ha.
In altre parole, la sensibilità è la capacità di un test di rilevare i veri positivi. La specificità è la capacità di un test di evitare di produrre falsi positivi. Un test perfetto avrà una sensibilità e una specificità del 100%, il che significa che catturerà tutti coloro che h
anno la malattia, e non dirà a nessuno di avere la malattia se non ce l'hanno. Un test del genere non esiste. In generale, sensibilità e specificità sono in conflitto tra loro - se si spinge l'una verso l'alto, l'altra verso il basso.

Se dicessi a tutti quelli che incontro che hanno il cancro al seno, la mia sensibilità per l'individuazione del cancro al seno sarebbe del 100%, perché non perderei un solo caso, ma la mia specificità sarebbe dello 0%, perché ad ogni singola persona che non ha il cancro al seno verrebbe detto che ce l'ha. 

Quindi, quando si progetta un test, bisogna decidere se si vuole massimizzare la sensibilità o la specificità. Se si progetta un test PCR del covid con una soglia di ciclo di 40, allora si punta alla massima sensibilità - la probabilità di perdere un caso è ridotta al minimo, ma si otterranno molti più falsi positivi che se si imposta la soglia a 30.

Ok, ora che sappiamo cos'è un test PCR e cos'è un test anticorpale, e comprendiamo la sensibilità e la specificità, possiamo passare alla recente revisione sistematica. L’articolo esaminava 38 studi di test PCR (e test LAMP, una tecnica alternativa simile alla PCR). La sensibilità complessiva per PCR/LAMP era compresa tra il 75% e il 100% nei diversi studi, mentre la specificità complessiva era compresa tra l'88% e il 100% . 16 studi, per un totale di 3.818 pazienti, sono stati messi insieme per ottenere una stima più accurata della sensibilità. 
Nell'analisi congiunta, la sensibilità è stata determinata pari all'88%. Non è stato possibile determinare un valore di specificità di insieme poiché gli studi inclusi nell'analisi erano tutti di persone che erano già note con assoluta certezza per essere infette dal covid.

La revisione comprendeva 25 studi di test anticorpali, ma solo dieci di questi (per un totale di 757 pazienti) hanno fornito dati sufficienti per consentire il calcolo della sensibilità. La sensibilità dei test anticorpali variava dal 18% al 96%. 12 studi hanno fornito informazioni sufficienti per determinare la specificità, e in questi è variata dall'89% al 96% .

Ok, potrebbe essere difficile capire cosa significano questi numeri in termini pratici, quindi ci giocheremo un po' per chiarire il concetto, e mi concentrerò sul test PCR in questa discussione finale, dato che questo è ciò che sta generando molta dell'isteria intorno al covid. Come detto, la sensibilità del test PCR sembra essere intorno all'88%. Un buon valore per la specificità è più difficile da determinare, ma si colloca tra l'88% e il 100%, quindi se assumiamo una specificità del 94% (a metà strada tra i due valori) probabilmente non siamo lontani.

Diciamo che la malattia si sta diffondendo a macchia d'olio tra la popolazione, e che una persona su dieci è infetta contemporaneamente. Se testiamo 1.000 persone a caso, significa che 100 di queste persone hanno effettivamente il covid, mentre 900 non ce l'hanno. Dei 100 che hanno il covid, il test ne raccoglierà 88. Su 900 che non ce l’hanno, il test dirà correttamente a 846 che non ce l'hanno, ma dirà anche a 54 persone sane che ce l'hanno. 

Quindi, in totale 142 persone su 1.000 vengono informate di avere il covid. Di queste 142 persone, il 62% ha effettivamente la malattia, e il 38% non ce l'ha.
Questo non è un gran risultato. Quattro persone su dieci che ottengono un risultato positivo al test non hanno effettivamente il covid, anche in una situazione in cui la malattia è così comune che il 10% delle persone sottoposte al test ce l'ha davvero.
Purtroppo, la situazione peggiora. Supponiamo che la malattia inizi a diminuire, e che solo una persona su cento che si sottopone al test abbia effettivamente il covid. Se facciamo il test a 1.000 persone, significa che dieci avranno davvero il covid, mentre 990 non ce l'avranno. Dei dieci che ce l’hanno, nove verranno diagnosticati correttamente. 

Dei 990 che non ce l'hanno, a 931 verrà detto correttamente che non ce l'hanno, mentre a 59 verrà detto erroneamente che ce l'hanno. Così, in totale, a 68 persone verrà detto che hanno il covid. Ma solo 9 su 68 avranno effettivamente la malattia. In altre parole, in una situazione in cui solo l'1% della popolazione sottoposta al test ha la malattia, l'87% dei risultati positivi saranno falsi positivi.
C'è un'altra cosa a cui penso valga la pena di prestare attenzione. Quando una persona su dieci che viene sottoposta al test ha la malattia, si ottengono 142 risultati positivi ogni 1000 persone sottoposte al test. Ma quando una persona su cento ha la malattia, si ottengono 68 risultati positivi. 

Quindi, anche se la prevalenza effettiva della malattia è diminuita di un fattore dieci, la prevalenza di risultati positivi alla PCR è diminuita solo della metà. Quindi, se guardate solo i risultati della PCR, e considerate che questo è un riflesso accurato di quanto la malattia sia prevalente nella popolazione, allora sarete ingannati, perché la malattia sembrerà essere molto più prevalente di quanto non lo sia.

Facciamo un ultimo esperimento ipotetico per illustrare questa faccenda. Diciamo che la malattia è ormai molto rara, e solo una persona su mille testata ha effettivamente il covid. Se testate 1.000 persone, otterrete 61 risultati positivi. Di questi, uno sarà un vero positivo e 60 saranno falsi positivi. Quindi, anche se la prevalenza della vera malattia è di nuovo diminuita di un fattore dieci, il numero di risultati positivi è diminuito solo leggermente, da 68 a 61 (di cui 60 sono falsi positivi!). 

Quindi, guardando solo i test PCR positivi, si può facilmente essere convinti che la malattia continua ad essere all'incirca la stessa prevalenza nella popolazione, anche se passa dall'essere presente in una persona su cento a essere presente solo in una su mille. Più la malattia diventa rara nella realtà, meno è probabile che si noti una differenza nel numero di test che danno risultati positivi.

Voglio ripeterlo ancora una volta, in modo leggermente diverso, per far sì che il messaggio si diffonda. Quando la malattia si riduce enormemente, di un fattore 100, passando da una persona su dieci a una su migliaia di persone testate, c'è poco più di un dimezzamento dei risultati positivi alla PCR, da 142 a 61. Quindi un'enorme riduzione delle infezioni reali causa solo una piccola riduzione dei "casi" confermati dalla PCR. 

Infatti, la malattia potrebbe scomparire dalla faccia della Terra, e si otterrebbero comunque 60 risultati positivi ogni 1.000 test effettuati!
La stessa tendenza si vede anche se il test PCR dovesse avere una specificità molto migliore di quella che stimiamo qui, diciamo del 99%. 

Ecco una rapida illustrazione, visto che non voglio stancarvi con troppi numeri in più. Se una persona su dieci ha la malattia e si sottopone al test a 1.000 persone, si ottengono 97 risultati positivi, di cui 88 sono veri positivi e 9 falsi positivi. Se una persona su 100 ha la malattia, otterrete 19 risultati positivi, di cui 9 saranno veri positivi e 10 falsi positivi. Se uno su 1.000 ha la malattia, otterrete 12 risultati positivi, di cui 11 falsi positivi.

Quindi, anche se il test ha una specificità molto alta del 99%, quando il virus smette di essere presente a livelli pandemici nella popolazione e comincia a diminuire a livelli più endemici, si arriva rapidamente a un punto in cui la maggior parte dei risultati positivi sono falsi positivi, e dove la malattia sembra essere molto più diffusa di quanto non lo sia realmente.

Come si può vedere, meno la malattia è prevalente in realtà, più è probabile che il test generi un risultato falso positivo, e meno utile è il test come metodo per capire chi ha effettivamente il covid. E meno la malattia è prevalente, più sembrerà essere prevalente in relazione alla realtà. 
Se le decisioni sul covid continueranno ad essere prese in gran parte sulla base di ciò che i test PCR mostrano, potremmo non essere mai in grado di annullare la pandemia!
E questo, signore e signori, è il motivo per cui i casi positivi alla PCR sono un pessimo indicatore di quanto sia prevalente il virus nella popolazione, e per cui dovremmo invece basare le decisioni sui tassi di ospedalizzazione, di ricovero in terapia intensiva e di morte.

Se ci limitiamo a guardare i test PCR, continueremo a credere per sempre che la malattia sia diffusa nella popolazione, anche se diventa sempre meno comune nella realtà. 
E questo supponendo che il numero di test non aumenti. Se combiniamo questo problema intrinseco con un aumento massiccio dei test (come è successo nella maggior parte dei Paesi nel corso della pandemia), allora possiamo creare l'impressione di una malattia che continua a diffondersi fuori controllo in una popolazione, anche quando non è così.

    Ugo Bardi