Diritto alla vita, diritto alla morte - (olga milanese)



Rsa ed Anziani - 
Diritto alla vita 
e diritto alla morte    

( olga milanese, avvocato)

L’Italia, come noto, non ha una legge che riconosca espressamente la legittimità di un trattamento che provochi quella che alcuni hanno definito una “dolce morte”, qualora una malattia od un evento drammatico rechi alla persona sofferenze tali da rendere la vita insopportabile.

Questo perché, da sempre, il nostro ordinamento considera il bene della vita come “indisponibile”.
Per superare la rigidità di tale visione, nel corso degli anni, la giurisprudenza della Suprema Corte 
ha espresso la necessità di operare un contro-bilanciamento di interessi apparentemente confliggenti, ma egualmente meritevoli di tutela secondo Costituzione, evidenziando come il "bene vita", benché dotato di sacralità,
se contrapposto a beni di altrettanta rilevanza, quali il diritto all’AUTODETERMINAZIONE (artt. 32 e 13 Cost.) ed al rispetto della DIGNITÀ UMANA (art. 2 Cost. e art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE) può e deve subire un bilanciamento.

Si è, quindi, arrivati alla L. n.219/2017 che, all’art.1, “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”, stabilendo, al contempo, che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito senza il consenso libero ed informato della persona interessata.

Un percorso non ancora concluso, fatto di processi, proteste e fiumi di inchiostro, durante il quale, per ottenere l’affermazione del diritto ad una “Morte Dignitosa”, si è sostenuto, in quel lavorio di bilanciamento dei diritti, che il principio di autodeterminazione ed il rispetto della dignità umana dovessero avere una sorta di prevalenza sul bene della Vita in sé considerato!

È chiaro cosa si intenda per “autodeterminazione”, il nodo del problema risiede nella parola “dignità”!

Secondo i principi dell’Unione Europea, la dignità della persona non è solo “un” diritto fondamentale, è "la" base stessa dei diritti fondamentali!

Come si legge nel preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il riconoscimento della dignità di tutti “i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.

Ebbene, se si considera che la dignità è tanto importante da far pendere l’ago della bilancia sulla voce “Morte” quando si è in presenza di determinate “condizioni” di Vita, 
è facile intuire i motivi per i quali sorgono non pochi dubbi sulla legittimità di misure atte a comprimere e limitare in modo sostanziale il diritto degli ospiti delle RSA ad una vita libera e DIGNITOSA, fatta di affetti, conforto, sorrisi, abbracci ad un figlio, ad un marito o ad una moglie, in virtù del mero principio precauzionale del “rischio zero”.

Né può sostenersi che l’avocazione del potere di disporre degli ultimi giorni di vita di un altro essere umano, a prescindere dalla sua volontà ed in spregio ai suoi sentimenti, possa trovare una qualche forma di giustificazione nella necessità di cura del soggetto a rischio e, dunque, nel diritto alla salute, 
posto che nessun trattamento sanitario può essere imposto senza il consenso libero ed informato della persona interessata.

Quando si parla di rischio zero e del diritto alla salute di un qualsiasi essere umano non possiamo dimenticare che la dignità viene prima di tutto e che la dignità della Vita di una persona che è giunta agli ultimi giorni della propria esistenza ha un valore inestimabile, non sacrificabile, per nessun motivo ed in nessuna condizione!

In altre parole, non v'è "principio" che ci autorizzi a ritenere lecita l'imposizione ad un essere umano di una quotidianità fatta di solitudine e della privazione di ogni contatto con i propri cari.
Infatti  il diritto ad una vita dignitosa implica inderogabilmente la possibilità di scegliere, in modo libero ed incondizionato, come si vuol condurre la propria esistenza.
Questa scelta non può non includere il grado di rischio per la propria salute che si è disposti ad affrontare per essere felici  o per accompagnare i nostri famigliari nel periodo della malattia e della morte.

Dopo un anno di restrizioni ed isolamenti forzati, è forse giunto il momento di riconoscere che gli ospiti delle RSA non sono cittadini di serie B, non sono prigionieri di guerra, hanno il diritto ad un’esistenza “dignitosa”,
hanno il diritto di scegliere se correre il rischio di vivere hanno il diritto di scegliere di correre  '' il rischio di vivere '' o di morire lentamente in solitudine.

Da cittadini, è un dovere etico e morale denunciare gli abusi, pretendere il rispetto dei principi costituzionali e della VITA UMANA, in tutte le sue sfaccettature, sempre e comunque, fermare questa crescente ed intollerabile iniquità sociale per non divenire complici della negazione dei diritti umani.

__________________________________________________________________


IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE  
   


È possibile che la legge fondamentale dello Stato possa essere limitata o “sospesa” dall’applicazione di un principio tratto da una fonte normativa di rango inferiore?

Da oltre un anno, diritti e libertà dei cittadini vengono limitati o annullati in nome della presunta prevalenza del principio di “massima” precauzione 
cui viene ispirata ogni scelta governativa.

Esiste effettivamente questo tipo di principio e, in caso affermativo, sarebbe lecito ergerlo a fonte primaria ed unica del diritto?

***
Quando si parla di “principio di precauzione” si fa riferimento alla necessità di adottare misure di tutela e di prevenzione 
- anche quando non si ha l’assoluta certezza che un determinato fenomeno sia nocivo, ma sussista un dubbio scientificamente attendibile che possa rivelarsi tale.

La precauzione di cui si discute implica, dunque, che il legislatore possa agire cautelativamente quando si è in presenza di un rischio potenziale, esercitando una discrezionalità che non è astratta, ma “tecnica”, 
in quanto quelle scelte non possono essere avulse dagli esiti di una valutazione basata sulle cognizioni e sui mezzi forniti dalle varie scienze.

Anche nella concezione comunitaria l’azione precauzionale è "giustificata solo quando vi sia stata l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi (rischio) sulla base di dati scientifici, seri, oggettivi e disponibili,
nonché di un ragionamento rigorosamente logico e, tuttavia, permanga un’ampia incertezza scientifica sulla “portata” del suddetto rischio".

È, quindi, vero che il principio di precauzione opera laddove manchi una sicurezza scientifica sul danno 
e dal ritardo di eventuali interventi possa conseguire un aggravamento del potenziale danno, 
ma è altrettanto vero che la sua affermazione non può tradursi, sic et simpliciter, nella necessità di assecondare ogni tipo di timore o paura.

Va, infatti, tenuto conto della circostanza che le misure precauzionali non vengono adottate, per loro natura, sul presupposto di certezze assolute, ma in ragione di mere ipotesi e probabilità (benché studiate) che ben potrebbero non verificarsi.

Non può, inoltre, essere ignorata la circostanza che le menzionate misure sono destinate a comportare un sacrificio certo, attuale o futuro, spesso elevato, di altri valori, diritti o principi. 
L’incertezza dei potenziali rischi - incerti o, comunque, misurati - si scontra, quindi, con la certezza dei danni diretti ed indiretti delle misure.

Per ovviare a questo conflitto immanente si deve ricorrere ad un bilanciamento di interessi che si traduce nella necessità (id est obbligo) di 
PROPORZIONE tra il grado di probabilità e di gravità dei rischi 
ed il grado di incisività delle precauzioni che si intendono adottare sulle libertà o diritti antagonisti.

Già questo dovrebbe far comprendere perché un piano precauzionale che contempli l'annullamento di una qualsiasi attività (scuola, lavoro, salute nel senso ampio del termine, ecc.) in ragione di un pericolo non immediato e non fondato su una radicata CERTEZZA scientifica, è destinato a violare i presupposti applicativi della stessa precauzionalità.

Ma non solo!


Il mancato rispetto della proporzione e del bilanciamento di interessi determina una lesione del principio di RAGIONEVOLEZZA, per il quale l'azione pubblica DEVE osservare dei canoni di RAZIONALITÀ OPERATIVA ed EVITARE DECISIONI ARBITRARIE ED IRRAZIONALI.

Tale ultimo principio è di primaria rilevanza nella gestione democratica di un Paese, poiché in esso confluiscono i valori di eguaglianza, imparzialità e buon andamento dell'attività amministrativa, tanto che la sua violazione configura il vizio di eccesso di potere.

Volendo essere meno tecnici, potremmo dire che un conto è stabilire la necessità di adottare una serie di precauzioni nel maneggiare un ordigno sconosciuto di cui, scientificamente, ignoriamo la potenza e la nocività, tutt’altro conto è decidere di non voler neanche provare a disinnescare l'ordigno o metterlo in sicurezza, scegliendo di paralizzare la vita di una intera comunità per evitare il rischio che qualcuno vi si possa, per avventura, avvicinare.


La prima condotta costituisce la corretta applicazione del principio di precauzione, per come inteso dal nostro ordinamento e nel diritto dell'UE; 

la seconda rappresenta un’arbitraria distorsione di quel principio che trae origine e giustificazione da un solo insidioso, ma devastante aggettivo, "massima", accostato alla parola precauzione, ad inizio pandemia, per legittimare la negazione del diritto all'istruzione, del diritto al lavoro, del diritto ad una giusta retribuzione, del diritto all'eguaglianza sociale, del diritto ad una sanità fatta di cure ed assistenza per tutti i malati.

In sintesi, del diritto alla tutela della dignità dell'uomo, in ogni ambito in cui si svolge la sua personalità.

Una sola parola, tirata fuori dal cassetto della politica, ha operato la
 "mutazione" di un principio sorto per garantire i cittadini in un pretesto per liberare gli amministratori dello Stato dall'onere di studiare soluzioni ponderate, ma soprattutto dal peso delle responsabilità di una qualsivoglia decisione o scelta.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52000DC0001&from=LT

Sul principio di proporzionalità:
Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 26/02/2015 n° 964; Cons. Stato, sez. V, sent. 21 gennaio 2015 n. 284; Trattato di Maastricht del 1992 art.3B (poi art.5 TCE), Trattato di Amsterdam del 1997(Protocollo n. 2), da ultimo, Trattato di Lisbona dell’01/12/2009.