Il fattore Rt : serve veramente a qualcosa? - (ugo bardi)






In queste note, non intendo sostituirmi agli specialisti di epidemiologia, il mio scopo è più che altro divulgativo e cerca di fornire qualche dato e qualche informazione utile a tutti quanti in questa situazione, dove la pandemia è diventata più una questione politica che scientifica.

Per cui, se dobbiamo prendere delle decisioni informate, bisogna avere gli strumenti per capire di cosa si parla -- cosa assai difficile nell'attuale cacofonia di dati e di ragionamenti. Qui, ho fatto del mio meglio per chiarire la faccenda del fattore Rt usando come esempio un'ipotetica epidemia, la "bluite", che vi fa diventare blu come i personaggi del film "Avatar".

Avrete notato come questo "fattore Rt" di cui si parla tanto a proposito della pandemia sia molto popolare fra i politici e i virologi televisivi. 
E' un numeretto che sembra darci delle informazioni utili in forma semplice e sappiamo tutti che i politici sono sempre alla ricerca di soluzioni semplici per problemi complicati. 
Ed è anche sulla base del fattore Rt che si decide dei vari colori delle zone, rossa, arancione, rosa shocking o che altro.
Però, mi sa che nè i politici e neppure molti dei tele-virologi che imperversano sui media abbiano veramente capito cosa sia esattamente questo fattore Rt. 

In effetti, nel mondo reale, le cose non sono mai semplici. 
Come ha notato anche il professor Antonello Maruotti (1), ordinario di statistica alla Lumsa, l'uso del fattore Rt potrebbe fare più danni che altro. Maruotti non ha peli sulla lingua quando parla della "persistente cecità da parte dei decisori politici.”

Allora, cos’è esattamente questo fattore Rt? Come lo si determina? Quanto ci possiamo fidare della sua accuratezza? Ed è veramente un parametro sul quale vale la pena di basare tutta la politica delle restrizioni che sta facendo il governo? Vediamo di capire come stanno le cose.

Si sente dire spesso che il fattore Rt è “il numero medio di persone infettate da una persona già infetta in un certo intervallo di tempo.” E si dice anche che se Rt è maggiore di 1, l'epidemia cresce. Se è il contrario, Rt è minore di 1, l'epidemia decresce (Se Rt =1, l’epidemia è stabile).

Se ci pensate sopra un momento, qui c'è qualche grosso problema. 
Se prendiamo la definizione letteralmente, questo vuol dire che l'epidemia non può decrescere mai.        

Se c'è qualche persona infetta, infetterà sempre qualcun altro (meno che Rt non sia uguale a zero) e quindi ci sarà qualche infetto in più. Chiaramente, la definizione è incompleta. Bisogna tener conto anche delle persone che guariscono (o muoiono) nell'intervallo di tempo considerato.
La faccenda è resa più complessa dal fatto che in epidemiologia ci sono due termini simili, uno viene detto Ro e l'altro Rt (anche semplicemente “R”). 

Se volete farvi un idea della confusione che regna in questo campo, leggetevi l'articolo di Wikipedia su Ro.
Tanto per capirsi, ci leggiamo che la definizione "non è universalmente condivisa" e che "L'incoerenza nel nome e nella definizione del parametro Ro è stata potenzialmente una causa di incomprensione del suo significato." e addirittura che "Il processo di definizione, calcolo, interpretazione e applicazione di R0 è tutt'altro che semplice. Sono state proposte numerose definizioni simili ma non identiche." 
Insomma, un bel pasticcio per non dire di peggio.

E questo vale per Ro. Ma allora cos'è Rt? Guardiamo di nuovo Wikipedia, e qui ti dicono che la definizione di Rt "è analoga a quella di Ro, con la differenza che Rt viene calcolato in un preciso momento" 
Insomma, ti definiscono una cosa sulla base di un'altra della quale ti dicono che è mal definita! Il pasticcio è totale.

Ora, capisco che quelli che sono specialisti in qualcosa tendano a tenere all'oscuro quelli che non lo sono. Ma qui si esagera. Comunque, lasciamo perdere e cerchiamo di districarsi fra le varie definizioni per capire come funziona la faccenda.

Ne tiriamo fuori le gambe quando scopriamo che Rt in epidemiologia è del tutto analogo a quello che in una popolazione biologica si chiama Il tasso netto di riproduzione, cioè il tasso di riproduzione al netto delle morti.

Questo è un concetto facilmente comprensibile: prendete una popolazione (diciamo, conigli). Si misura il numero dei coniglietti nati per ogni generazione e si fa il rapporto con i conigli mangiati nel frattempo dalle volpi. Il risultato è questo tasso netto di riproduzione: capite bene che se nascono più conigli di quanti ne vengono mangiati, deve essere Rt>1. E' il contrario se Rt<1. Una popolazione di virus non è diversa da una popolazione di conigli in termini di riproduzione.
I virus si moltiplicano quando qualcuno infetta qualcun altro, ma muoiono quando qualcuno guarisce. 
Messa in questi termini, le faccenda non è poi tanto complicata, almeno dal punto di vista concettuale.

Dopo questa introduzione, vediamo di fare un esempio numerico: si sa che le cose si capiscono sempre più facilmente se le esponiamo in termini di un esempio concreto. Nel seguito, vi propongo una spiegazione basata su un’epidemia ipotetica, la "bluite", molto semplificata. Ci sono un po’ di numeri e di calcoli, ma se avete voglia di seguirli vi potranno servire per farvi un "modello mentale" di come funziona questo fattore Rt.


La “bluite”: un’epidemia semplificata

Immaginiamoci un’ipotetica malattia infettiva che si trasmette per contatto e che si chiama "bluite" perché vi fa diventare blu. E' stata portata sulla terra da uno degli alieni del film “Avatar”. Incidentalmente, una malattia che fa diventare blu esiste veramente, si chiama “argiria”. Viene fuori se uno ingerisce dei sali di argento, c'è chi lo fa come terapia "alternativa" per certe malattie. E' una fesseria da non fare assolutamente perché uno si rovina la pelle in modo irreversibile, a meno che non vogliate trovarvi un lavoro come comparse sul set di un film di fantascienza. Ma non entriamo in questo argomento: in ogni caso, l'argiria non è infettiva. Il punto è che la bluite di questo esempio (se esistesse) si può diagnosticare semplicemente guardando il colore della pelle di una persona.

Supponiamo anche che la bluite sia una malattia al 100% benigna, ovvero non da sintomi spiacevoli e non ammazza nessuno. Quindi, nessuno prende precauzioni particolari per evitare di infettarsi. Supponiamo anche che chi l’ha avuta diventa immune per un tempo lungo in confronto alla durata dell'epidemia. Gli rimane la pelle di color grigio chiaro, ma a lungo andare anche quello passa.

Questo vuol dire che in qualsiasi momento nella popolazione ci sono persone con la pelle bianca, oppure blu, oppure grigia (siccome è un esempio del tutto ipotetico, per semplicità possiamo trascurare la presenza di persone di pelle scura). Queste tre categorie, bianco, blu, grigio, corrispondono alle tre categorie del modello epidemiologico chiamato SIR (suscettibili, infettivi, e rimossi), ma non entriamo in questo argomento.

Infine, ammettiamo che la bluite abbia un ciclo molto breve: in un giorno passa, la pelle non è più blu e questo vale per tutti. Andrebbe bene anche considerare un periodo diverso, per esempio una settimana, ma teniamo questa durata breve come esempio.


Cominciamo ammettendo di aver contato, un certo giorno, il numero di persone con la pelle blu che passano per una certa strada, e ammettiamo anche che questo sia un buon campione statistico. Diciamo che sono passate 1000 persone e che 10 hanno la faccia blu. Questo vuol dire che il’1% della popolazione è infetto. Se lo riportiamo alla popolazione in generale, supponiamo in Italia con 60 milioni di abitanti, possiamo estrapolare che in tutto il paese ci sono 600 mila persone con la bluite. La frazione di infetti nella popolazione, si chiama "prevalenza."


E fin qui va bene, ma questo non ci dice niente di come sta andando l’epidemia. Per questo abbiamo bisogno di informazioni in funzione del tempo. Ammettiamo allora di rifare la stessa misura il giorno dopo. Troviamo che adesso ci sono 20 blu, sempre su 1000 persone. Chiaramente, l’epidemia si sta diffondendo. Il numero di nuove infezioni in un certo periodo si chiama "incidenza." In questo caso particolare della bluite, siccome facciamo una misura al giorno e l'infezione dura un giorno, l'incidenza è uguale alla prevalenza.

Possiamo misurare adesso il fattore Rt? Certo. Ragioniamo sull'intervallo di un giorno. Abbiamo detto che Rt è il tasso netto di riproduzione della popolazione. Allora, abbiamo 20 nuovi infetti, ma 10 persone guarite. Ne consegue che Rt= 20/10 = 2. Facile, vero?

Si, facile, ma attenzione che spesso la faccenda viene capita male: Se in un giorno le persone infette sono raddoppiate, qualcuno si potrebbe aspettare che il loro numero continui a raddoppiare. Ovvero, 10, 20, 40, 80 … eccetera.

Questo è l’errore che fanno quelli che parlano di “crescita esponenziale” dell’epidemia; è un'approssimazione accettabile soltanto nei primissimi stadi della diffusione. Fate un po’ di conti e vedrete che se il numero di casi di bluite raddoppiasse tutti i giorni, in una settimana ci sarebbero più infetti che persone. Cosa leggermente improbabile, per non dire altro.

L'errore qui è confondere il tasso netto (Rt) con il tasso (semplice) di riproduzione. Quest'ultimo è la probabilità che ha un “blu” di infettare un “bianco” quando lo incontra. In generale non lo possiamo misurare direttamente, né per la bluite nè per epidemie reali. Lo possiamo solo stimare. Tanto per scegliere dei numeri, ammettiamo che in media ognuno nella popolazione incontri 4 persone ogni giorno a distanza abbastanza ravvicinata da poterli infettare. Siccome c’erano 10 blu all'inizio, e ne sono venuti fuori 20 nuovi, sembrerebbe di poter dire che la probabilità di infezione a distanza ravvicinata era il 50% per ogni incontro. Ma non è così.

Non tutte le persone che un blu incontra sono "bianche", ovvero “suscettibili,” ovvero infettabili. Sappiamo già che ci sono 10 blu nella popolazione e ammettiamo anche che ci siano 10 grigi (persone infettate in precedenza, adesso immuni). Ne consegue che solo il 98% delle persone sono infettabili. Quindi la probabilità per un blu di infettare un bianco (suscettibile) è 0.5/0.98= 51%. È una piccola differenza, ma è la chiave di tutta la faccenda.

Da questo, possiamo ora stimare il valore di Ro, quando il primo alieno blu dal pianeta Pandora è atterrato e ha cominciato a infettare i terrestri. Siccome il tasso di riproduzione è 0.51 (fisso), ne consegue che Ro = 0.51x4=2.4. Questo era il valore iniziale, quando l'epidemia era appena cominciata e il numero di infetti e di immuni era trascurabile.


Vediamo adesso di calcolare come andranno le cose nei giorni successivi a quello da cui siamo partiti. Con 20 persone infette, in un giorno costoro interagiranno ciascuna con 4 persone, un totale di 80 persone. Di queste, non tutte sono infettabili. La frazione degli infettabili è uguale a 1000 (numero totale di persone) – 20 (i blu del giorno) – 20 (i grigi dei giorni precedenti), ovvero 960/1000. Ne consegue che le 20 persone infette generano 20*0.51*4*.960/1000 = 39 nuovi infetti e non 40, come sarebbe stato il caso se il numero di infettabili fosse rimasto costante.

A questo punto, Rt si è ridotto a 39/20= 1.96 senza che sia cambiato niente nella probabilità che un blu passi l’infezione a un suscettibile. Quello che cambia è la probabilità che un blu incontri un suscettibile.


Da qui, potete divertirvi a fare un calcolo con un foglio excel, ma l’ho fatto io per voi. Ecco qua i risultati, la curva rossa è un fitting con una curva sigmoide asimmetrica:





Vedete la curva delle infezioni giornaliere (rossa) che ha la tipica forma “a campana” delle curve epidemiche. 
Notate che non abbiamo ipotizzato cure, distanziamenti, niente del genere. 
Le infezioni vanno a zero semplicemente perché col passare del tempo rimangono sempre meno persone da infettare. 
In questo particolare caso, il numero di persone che hanno contratto l’infezione si stabilizza a circa il 74% del totale alla fine del ciclo epidemico. 

Vedete come funziona la “immunità di gregge”? Oltre un quarto delle persone non si infettano, nonostante che nessuno prenda precauzioni di nessun genere. È una proprietà intrinseca della diffusione di un’epidemia.

Notate anche come la curva per Rt, invece, scende sempre, perlomeno in questo caso semplificato. 
Vedete che quando l’epidemia è al picco, Rt è uguale a uno. 
Alla fine si stabilizza intorno a 0,5. 
A seconda dei vari parametri, si può stabilizzare su valori diversi, ma sempre meno di 1.


Effetto delle restrizioni sulla bluite

Ora divertiamoci a usare questo modello per vedere gli effetti delle restrizioni. Dovrebbero servire a ridurre la probabilità che, quando un blu incontra un bianco, gli passi l'infezione. Questo si chiama alle volte "schiacciare la curva". Per prima cosa, rivediamo i risultati di prima, ottenuti senza assumere nessuna restrizione.






Adesso proviamo a ridurre del 25% la probabilità di infezione in qualche modo non specificato. Ecco i risultati






Vedete che la curva è in effetti schiacciata. Notate però anche che la durata dell'epidemia si allunga e Rt, al contrario di quello che uno si potrebbe aspettare, aumenta leggermente invece di diminuire. Per quanto riguarda il numero totale di infetti, le restrizioni li hanno ridotti dal 74% a della popolazione a circa il 58%. 
Infine, notate che questo è possibile solo se le restrizioni sono imposte fin dall'inizio e mantenute tutto il ciclo epidemico. Se assumiamo che l'effetto delle restrizioni sia ancora maggiore, per esempio al 50%, possiamo schiacciare anche di più la curva e ridurre i casi a circa il 15% della popolazione. Riducendo ancora la probabilità di infezione, l'epidemia non si sviluppa proprio.


Proviamo ora a vedere cosa succede se, invece, le restrizioni si fanno su una "finestra" temporale limitata. Si suppone che le restrizioni con effetto del 25% di riduzione siano iniziate al terzo giorno e si riapre al nono giorno.




Notate che la curva dei contagi mantiene più o meno la forma "a campana," anche se un po' distorto. Invece, il fattore Rt mostra delle discontinuità abbastanza nette. Notate anche che l'infezione dura più a lungo. Abbiamo ridotto l'intensità dell'epidemia in cambio di una sua maggior durata. In queste assunzioni, il numero totale dei casi è intermedio rispetto ai due esempi precedenti: il numero di persone infettate si attesta sul 67%.



Uno si può divertire cambiando i parametri, ma i risultati si possono riassumere come segue.

1. Le restrizioni hanno l'effetto previsto: ovvero schiacciano la curva.

2. Portare la curva a "contagi zero" è quasi impossibile e richiede che le restrizioni siano mantenute per tempi molto lunghi.

3. L'effetto delle restrizioni si vede come una discontinuità nella curva del fattore Rt meglio che nella curva dei contagi.



Il mondo reale


Tutto questo vale per un’epidemia ipotetica che abbiamo chiamato bluite e per un modello semplificato. Nel caso di un’epidemia reale, la situazione è più complessa, ma i risultati non sono molto diversi. La previsione di base del modello, quella della forma "a campana" della curva dei contagi, è confermata dai dati del mondo reale. Nella figura, vediamo un esempio, una recente epidemia di colera a Kinshasa, in Congo (https://www.who.int/csr/don/02-march-2018-cholera-drc/en/)




In questo, come in molti altri casi reali, vediamo bene la curva "a campana," simile a quella del modello. Notate come, in questo come molti altri esempi, il numero dei casi non va mai veramente a zero, al contrario di quello che il modello prevede. L'epidemia si "endemizza", pronta a ritornare in scena quando troverà condizioni favorevoli per ricominciare.



Cosa possiamo dire a proposito di Rt nel mondo reale? Qui, il calcolo è molto più complesso che per l'ipotetica bluite. L’infezione non ha una durata fissa ed è anche possibile re-infettarsi. Poi ci sono le varie incertezze nella determinazione dei contagi, come pure i ritardi con la disponibilità dei dati. Per non parlare poi dei vari effetti delle varianti, delle restrizioni, e dei vaccini. Il risultato è che calcolare Rt è una cosa complessa che possono fare solo gli specialisti. L’articolo che è un po’ la “Bibbia” di queste cose è questo documento della Royal Society (86 pagine di formule varie) (1). 

Se poi volete solo vedere i risultati, potete trovarli nel sito di Maurizio Rainisio “La Peste” (2). Contentiamoci di sapere che il fattore Rt si può calcolare per l’epidemia di Covid, sia pure con metodi complessi e con alcune incertezze. Con questi metodi, la previsione di base, ovvero che Rt debba scendere nel tempo durante ogni ciclo epidemico, è verificata in generale, ma è anche vero che molte epidemie hanno più cicli, per cui il fattore Rt può anche risalire.
Ecco qua qualche dato recente, dal sito FB di Maurizio Rainisio (2). 

Qui, vedete un equivalente di Rt (che Rainisio chiama “Tasso di Crescita Settimanale”). Qui l’epidemia ha avuto due fasi, probabilmente dovute a fattori stagionali, o forse anche all’effetto delle “varianti” del virus. Notate come il picco della fase più recente corrisponda a Rt=1.






Qui, vedere un effetto delle varie zone rosse, arancioni, gialle, eccetera è molto difficile. Per esempio, Rt ha mostrato un aumento piuttosto ripido all'inizio di Febbraio, mentre ha cominciato a scendere a partire dal 20 febbraio circa. C'è una correlazione con qualche fenomeno specifico che abbia a che vedere con le restrizioni? Mah? Forse c'è, ma è certamente debole.


Conclusione: Rt serve a qualcosa?

L'utilità di qualcosa dipende sempre dal contesto. Per esempio, un bel fucile mitragliatore può essere molto utile in certe circostanze, ma è una pessima idea se è in mano a un Talebano, specialmente se c'è un negozio di televisori nelle vicinanze. Questo vale anche per i modelli statistici se finiscono in mano a persone che non li capiscono.


Così, in primo luogo, il calcolo del fattore Rt non vi dà, e non vi potrebbe mai dare, nessuna informazione in più rispetto a quella che è già presente nella curva dell'andamento dell'epidemia. 
Abbiamo visto che le curve epidemiche tendono ad avere una forma "a campana" per cui si può capire qualitativamente se l'epidemia cresce o cala anche semplicemente dalla forma della curva.


C’è poi il problema che il valore di Rt ci può dire se l’epidemia cresce o declina, ma niente sul numero di persone infette. 
Chiaramente, c’è una bella differenza se abbiamo 100 persone infette su 1000 o se ne abbiamo soltanto una o due, ma il valore di Rt potrebbe essere lo stesso. E questo non è un dettaglio: a seconda del valore assoluto dei contagi, gli ospedali potrebbero rischiare oppure no di andare in saturazione. Ma il fattore Rt, da solo, non ci dice niente su questo punto.

Soprattutto, quando gli infetti sono pochi cambia l’importanza degli inevitabili errori di misura e delle approssimazioni (3). Se avete 100 casi su 1000, un errore di qualche unità fa poco effetto: che siano 101 o 99 non cambia nulla. Ma se un giorno avete due casi, mentre il giorno prima ne avevate uno, vi può sembrare che Rt sia molto alto e che sia il caso di lanciare l’allarme.

Chiaramente, il sensazionalismo dei media, con queste cose ci va a nozze e rilancia per raccogliere quanti più click possibile. 
E così vi potreste ritrovare a chiudere un intero paese per colpa di una fluttuazione statistica.


Ma il problema più grosso è proprio nel concetto. Come dicevo prima, molta gente non ha capito come funziona un meccanismo epidemico e crede veramente che un’epidemia cresca in modo esponenziale finché non si sono infettati tutti. 
E, di conseguenza, sono convinti che se vediamo che la curva dei contagi cala, questo è merito solo e soltanto delle misure di contenimento: restrizioni oppure vaccini. Lo trovate scritto esplicitamente, certe volte: "il fattore Rt misura l'effetto delle misure di contenimento". Ma non è assolutamente così!


Attenzione, non è che uno non debba fare niente per rallentare un'epidemia in corso! I vaccini, per esempio, forzano il raggiungimento dell’immunità nei singoli e fanno sì che l’immunità di gregge sia raggiunta più rapidamente. 
Ma se vedete che l'epidemia cala o sale, non lo dovete necessariamente mettere in relazione soltanto alle restrizioni o ai vaccini. L'epidemia ha un suo ciclo, lo potete rallentare, ma ne dovete tener conto.


Sfortunatamente, da un pezzo il dibattito si è bloccato sulla conclusione che la sola cosa (a parte i vaccini) che può fermare l’epidemia sono le restrizioni.
E le restrizioni hanno un costo enorme non solo sull’economia ma anche sulla salute dei cittadini. Ma finché non ci ragioniamo sopra continueremo a insistere su delle misure che potrebbero essere esagerate e non giustificate in confronto ai costi.

In sostanza, il problema è che molte persone, anche fra i decisori politici, non sanno leggere un grafico cartesiano e non hanno la minima idea di come funziona un ciclo epidemico. Per cui, tendono ad affidarsi a un singolo numero magico, "Rt" per semplificare. Ma la situazione non si presta a semplificazioni estreme e, come sempre, l'ignoranza paga solo dividendi negativi.